16/11/2022

Narrazioni atlantiche e arti visive 1949-1972. Sguardi “fuori fuoco”, politiche espositive, “identità italiana”, americanismo | antiamericanismo

Narrazioni atlantiche e arti visive 1949-1972. Sguardi “fuori fuoco”, politiche espositive, “identità italiana”, americanismo | antiamericanismo

Nell’ambito del progetto PRIN «Transatlantic Transfers: the Italian presence in post-war America» (TT), saranno dedicate tre giornate di studio alle arti visive, alla critica e alla storia delle esposizioni, con focus imperniati su temi, questioni, ideologie connessi alla ricezione e circolazione delle neoavanguardie italiane negli Stati Uniti, dall’affermazione del monocromo all’Arte Povera.


Una sezione si propone di portare la riflessione sugli scambi transatlantici, con particolare attenzione sulla ricezione americana dell’Arte Povera e delle ricerche poveriste, in relazione alle dinamiche di internazionalizzazione della nuova scena operativa processuale che implica lo sviluppo di un nuovo confronto dialettico tra Europa e America, in cui artisti, critici e mercanti italiani hanno giocato un ruolo cruciale. Certamente l'opposizione alla guerra del Vietnam e lo sviluppo della Controcultura hanno facilitato la creazione di nuove dinamiche di apertura e di contatto tra i due continenti, mettendo in crisi strutture consolidate e letture unidirezionali, in una oscillazione continua fra narrazioni identitarie e internazionalismo, attrazione e rifiuto. 
 
Può non sorprendere che esistano differenze fra attitudini maturate in contesti geografici, politici e sociali diversi, che dischiudono pertanto orizzonti di spazi, di tempi, di memorie fra loro distinti, come pure fra le ricerche dei singoli artisti. Sembra tuttavia necessario, sotto profili storiografici volgere oggi maggiore attenzione anche alle inquietudini e resistenze molteplici, da parte italiana, contro l’”americanizzazione” culturale, a) riconoscendo loro un’urgenza e rilievo sin qui inesplorati in seno al processo creativo, per così dire il tratto acuminato di un’inventiva mobilitazione in difesa della madrelingua, e b) provando a articolare le specificità storiche, ideologiche e sociali di tali inquietudini e resistenze sullo sfondo di circostanze anche di medio e lungo periodo. 
 
Adottando un punto di vista reciproco, inoltre, è utile riflettere sull’”internazionalismo” dell’arte della seconda metà degli anni Sessanta, distinguendo tra un internazionalismo che si può chiamare tattico, indubbio, sospinto da interessi e opportunità in primo luogo commerciali interpretate in primis da galleristi e curatori, e invece un internazionalismo motivazionale, intrinseco all’attività degli artisti, che per lo più invece manca o è labile e incipiente, non di rado contrastato dal desiderio di tracciare cesure e segnalare distanze tra Europa e America. A questo scopo è utile ricostruire quella fitta trama di connessioni transnazionali createsi tra artisti, critici e galleristi, in modo da mettere in evidenza interessi e atteggiamenti contrapposti a livello di politica espositiva, mercato e ricezione critica.