L’ultimo uomo della Terra

FILM
L’ultimo uomo della Terra

1964

Italia-Stati Uniti

scenario
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media
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cinema

Primo adattamento cinematografico del romanzo post-apocalittico di Richard Matheson I Am Legend (Io sono leggenda, 1954), L’ultimo uomo della Terra (The Last Man on Earth, 1964) è un horror sci-fi di produzione italo-americana la cui paternità registica differisce a seconda del contesto distributivo. Se la copia italiana riporta il nome di Ubaldo Ragona, quella destinata al mercato americano vede invece dietro la macchina da presa lo statunitense Sidney Salkow, prolifico regista reduce in quel periodo da numerosi western e, con ogni probabilità, effettivo autore di quest’opera ascrivibile al filone catastrofico. Questo, almeno, è quanto è possibile dedurre dalle dichiarazioni di alcuni membri della troupe, come la montatrice Franca Silvi e il truccatore Pier Antonio Mecacci. Secondo altre fonti, il produttore Robert L. Lippert, associato alla 20th Century Fox e intenzionato a girare a Roma per approfittare dei costi di produzione più bassi e degli incentivi economici offerti dal governo italiano, avrebbe reclutato Salkow affinché rimodellasse il materiale realizzato da Ragona nella Capitale italiana. Si tratta, ad ogni modo, di un film dalla complessa gestazione che ha visto lo stesso Mathelson, precedentemente coinvolto come sceneggiatore, prendere le distanze dal progetto e firmare il copione con lo pseudonimo di Logan Swanson.

Interpretato da Vincent Price, attore feticcio di Roger Corman che ritroveremo due anni più tardi nel parodistico Le spie vengono dal semifreddo di Mario Bava, L’ultimo uomo della Terra viene del resto realizzato in un decennio segnato, in Italia, dall’esponenziale aumento dei film costruiti tramite il sistema delle coproduzioni internazionali. L’opera di Salkow-Ragona rappresenta tuttavia un caso singolare, specie per quanto riguarda lo spazio in cui si dipana l’intreccio: in questa pellicola low budget ambientata in una Roma distopica immortalata dalla fotografia di Franco Delli Colli, sono le moderne geometrie architettoniche del quartiere EUR, da sempre legato a suggestioni metafisiche, a costituire il volto spettrale di una metropoli svuotata, cosparsa di cadaveri e infestata da infetti-vampiri. Una metropoli pienamente riconoscibile per il pubblico italiano eppure mai menzionata, e pertanto spacciata per un’improbabile e perturbante Los Angeles colpita da un’epidemia giunta negli Stati Uniti tramite un vento proveniente proprio dall’Europa. Così del resto titola, nel corso di un flashback, un articolo di giornale inizialmente definito teoretico dal protagonista: «Is Europe's disease carried on the wind?». Ad affrontare la questione relativa alla scelta di mistificare il contesto urbano d’ambientazione sarà, anni dopo, lo stesso Price: «The problem doing The Last Man on Earth was that it was supposed to be set in Los Angeles, and if there’s a city in the world that doesn’t look like Los Angeles, it’s Rome. We would get up and drive out at five o’clock in the morning, to beat the police, and try to find something that didn’t look like Rome». Nel film, insomma, la Capitale italiana diviene territorio lugubre e misterioso in totale controtendenza con la rappresentazione idealizzata che della “città eterna” il cinema americano aveva offerto sino a quel momento.

Al di là della sua singolarità sul piano generico e produttivo, l'importanza di questo film ignorato da pubblico e critica al momento dell’uscita in sala sia in Italia che negli Stati Uniti è inoltre data dal notevole impatto che esso ha avuto su un autore come George A. Romero. Il riferimento va in particolare a Night of the Living Dead (La notte dei morti viventi, 1968), primo film di una duratura saga incentrata su un soggetto orrorifico (lo zombie) che L’ultimo uomo della Terra trasfigura mediante un’ibridazione con un altro personaggio “mitologico” come il vampiro.

Fonti

Brioni, Simone, e Daniele Comberiati. Italian Science Fiction. The Other in Literature and Film. New York: Palgrave Macmillan, 2019.

Cappabianca, Alessandro. “Spazi vuoti. Il contagio e l’immaginario,” Fata Morgana Web, April 4, 2020, https://www.fatamorganaweb.it/coronavirus-spazi-vuoti-contagio-immaginario/.

Grainge, Paul, Sharon Monteith and Mark Jancovich. Film Histories: An Introduction and Reader. Edinburgh: Edinburgh University Press, 2007.

Lampley, Jonathan Malcolm. Women in the Horror Films of Vincent Price. Jefferson: McFarland & Co., 2011.

Scheda redatta da: Matteo Santandrea