Paolo Volponi

La ricezione statunitense dell'opera di Paolo Volponi nei decenni centrali del Novecento è poco estesa, e quasi del tutto limitata alla produzione narrativa. Per la verità, poco prima dei romanzi, alcune sue poesie dalle Porte dell'Appennino (Feltrinelli, 1960) erano apparse sul numero di aprile 1963 di una piccola rivista bostoniana d'avanguardia, Origin, tradotte dallo stesso direttore Cid Corman, ex insegnante di inglese a Matera. Nell'ottobre successivo, Italian Quarterly pubblicava una nuova selezione di poesia italiana curata da Vittoria Bradshaw, in cui era incluso lo stesso Volponi. Bradshaw antologizzerà poi i versi dello scrittore nel volume From Pure Silence to Impure Dialogue: A Suervey of Post-War Italian Poetry, 1945-1965 (Las Americas Publishing Co., 1971), che ebbe però scarsissima distribuzione, e rimase per lo più invenduto nei magazzini dell'editore.

Il nome di Paolo Volponi negli Stati Uniti restò dunque per lo più legato alla letteratura di fabbrica, tema che ne domina la narrativa. A due anni dall'edizione italiana, Belén Sevareid tradusse Memoriale, cambiandone il titolo in un My Troubles Began di sapore ottocentesco (Grossman Publishers, 1964). È ancora Sevareid a curare la versione del volume Premio Strega La macchina mondiale per la stessa casa (The Worldwide Machine, 1967). Nonostante il successivo silenzio editoriale (per una nuova edizione di un suo romanzo si dovrà attendere il 1995 del Sipario ducale, tradotto come Last Act in Urbino, Italica Press), nel 1988 Volponi partecipò come invitato d'onore all'ottavo congresso dell'American Association for Italian Studies, che si tenne allora alla Brigham Young University (Utah).

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