The Museum of Modern Art
museo
Program of International Circulating Exhibitions
programma di mostre itineranti
Arthur Drexler
curatore
La mostra 20th Century Engineering viene inaugurata il 30 giugno del 1964 nell’ambito di una rassegna intitolata Art in a Changing World: 1884-1964 presso la nuova “Garden Wing” del Museum of Modern di New York dove rimarrà fino a settembre dello stesso anno. Curata da Arthur Drexler, all’epoca direttore del Dipartimento di Architettura e Design del museo, la mostra propone una selezione di 193 progetti di ingegneria realizzati dal 1907 al 1964 in 28 paesi diversi del mondo. Oltre a compiere un tour presso le principali istituzioni culturali nordamerciane, a partire dal 1966 la mostra circola, in una versione riadattata, anche fuori dagli Stati Uniti, grazie all’International Program of Circulating Exhibition, arrivando in Francia, Italia, Germania, Danimarca, Norvegia, Svezia, Austria, Belgio, Spagna, Cecoslovacchia, Jugoslavia, Grecia e Iran, dove giunge nel 1975.
Articoli dedicati alla mostra compaiono tanto su riviste di settore come Architectural Record, Industrial Design, International Science and Technology e Engineering News-Record quanto sui quotidiani nazionali come il New York Times dove Ada Louise Huxtable recensisce l’evento in due diverse occasioni.
Dell’ampio panorama di progetti selezionati, suddivisi nell’allestimento e nel catalogo per destinazione d’uso e tipologia strutturale (torri, grandi coperture, volte e cupole, ponti, strade, tunnel, dighe, ecc.) ben 26 sono opere di ingegneri italiani realizzate in Italia o all’estero. Spiccano tra gli altri i nomi di Pier Luigi Nervi, Riccardo Morandi, Carlo Cestelli-Guidi, Claudio Marcello e Silvano Zorzi, rappresentanti di due generazioni diverse di progettisti che, con le loro sperimentazioni sul tema delle volte sottili e del calcestruzzo precompresso, hanno contribuito alla fama della Scuola di ingegneria italiana fondata sugli insegnamenti dei maestri Arturo Danusso e Gustavo Colonnetti. La mostra del MoMA del 1964 rappresenta forse il punto più alto, in termini di risonanza internazionale, di un interesse per la produzione ingegneristica italiana del secondo dopoguerra maturato negli Stati Uniti già nel corso degli anni Cinquanta e di cui Nervi, con le sue realizzazioni e la sua attività divulgativa, è stato uno dei principali vettori. Esposti al MoMA attraverso accattivanti riproduzioni fotografiche e disegni tecnici compaiono non solo numerosi progetti italiani di Nervi come il Palazzo delle Esposizioni di Torino (1948), il Palazzetto dello Sport al Flaminio (1956-1957) e il Palazzo del Lavoro di Torino realizzato in occasione delle celebrazioni per il centenario dell’Unità d’Italia, ma anche opere celebri come il monumentale ponte lungo 8,7 km sulla laguna di Maracaibo (1962), prima concreta sperimentazione della trave strallata su cavalletto bilanciato inventata da Morandi che, pochi mesi prima della mostra, era parzialmente crollato a causa di un incidente con una petroliera. Oltre a divulgare nel mondo opere più o meno note nell’ambito della sperimentazione italiana sul tema dell’ingegneria strutturale, la mostra apriva una finestra su un paesaggio italiano che, negli anni della ricostruzione e del boom economico, appariva in fervente mutamento: è a New York, tra le sale del MoMA, che il pubblico americano poteva avere un'anteprima su una costellazione di progetti legati alla realizzazione dell’Autostrada del Sole che sarebbe stata inaugurata proprio nell’ottobre del 1964.
Vettori collegati
Arthur Drexler
curatore
Riccardo Morandi
Ingegnere
Carlo Cestelli Guidi
Claudio Marcello
Silvano Zorzi
ingegnere
Emilio Brizzi
ingegenre
Franco Levi
ingegnere
Pier Luigi Nervi
ingegnere e progettista
Arrigo Carè
ingegegnere
Giorgio Giannelli
ingegnere
Ada Louise Huxtable
critica d'architettura
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The Museum of Modern Art
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The New York Times
quotidiano
Documenti consultabili
Fonti
Bieber, Susanneh. “‘The Bulk of the Best Visible Things’: Judd’s Review of Twentieth Century Engineering at the Museum of Modern Art,” Panorama: Journal of the Association of Historians of American Art 6, no. 1 (Spring 2020), https://doi.org/10.24926/24716839.9742.