The Modern Movement in Italy: Architecture and Design

exhibition
The Modern Movement in Italy: Architecture and Design

MOMA (DA RICHIEDERE)

August 18 - September 6, 1954 (1953-1958)

New York

scenario
category
events
tag
exhibition

Ada Louise Huxtable

architecture critic

Carlus Dyer

artist

The Museum of Modern Art

museum

Program of International Circulating Exhibitions

program of traveling exhibitions

The Modern Movement in Italy: Architecture and Design è una mostra itinerante monografica dedicata all’architettura e al design italiani tenutasi al Museum of Modern Art nell'agosto del 1954. L'evento inaugura una nuova stagione di eventi organizzati sotto gli auspici dell'International Program del Museum of Modern Art di New York destinati ad altre istituzioni culturali e università Nordamericane. Prima di aprire a New York, la mostra era infatti già stata presentata in più istituzioni, sia in Canada che negli Stati Uniti, tra la fine del 1953 e il 1954, e continuerà a viaggiare fino al 1958. 
In questo singolo evento si possono leggere una molteplicità di livelli, prospettive e attori agenti nel quadro più ampio del dialogo transatlantico tra Italia e Stati Uniti nella seconda metà del Novecento. Innanzitutto, si tratta di un prodotto educativo promosso e confezionato da una delle istituzioni museali statunitensi in prima linea negli scambi culturali nel secondo dopoguerra. Tuttavia, è anche il risultato di una prima rielaborazione di una ricerca della sua curatrice, Ada Louise Huxtable, portata avanti tra il 1950 e il 1952 durante un soggiorno in Italia in qualità di borsista Fulbright. L'installazione si struttura infatti su materiali originali quali ingrandimenti fotografici, disegni tecnici e testi preparati appositamente per la mostra durante questo viaggio di studi, una delle pratiche di scambio culturale che vanno a sistematizzarsi nel corso degli anni Cinquanta e vedono protagonisti numerosi progettisti italiani e statunitensi. I documenti esposti, raccolti direttamente dalla Huxtable presso gli uffici degli architetti, si affiancano a immagini tratte da volumi quali Gli Elementi dell’Architettura Funzionale di Alberto Sartoris, o in alcuni casi a fotografie di G.E. Kidder Smith. A causa della natura itinerante della mostra, e della conseguente necessità di contenerne i costi di spedizione per non impedirne la fruizione da parte di istituzioni culturali minori, non vengono esposti modelli in scala. Ogni ente ospitante, MoMA incluso, arricchisce però in diversa misura l’allestimento con oggetti di design e opere d’arte appartenenti alle collezioni museali permanenti o grazie a prestiti privati.
L’evento si colloca in un momento di intensificato interesse e fascino nei confronti delle culture del progetto italiane, andando però controcorrente rispetto all’allora popolare lettura, nutrita in egual misura da voci italiane e nordamericane, che sposava e promuoveva l’idea di un Rinascimento culturale italiano post-bellico. La tesi di fondo della mostra sosteneva piuttosto che l'apprezzatissimo Italian Style, presentato nella sezione introduttiva dell’installazione e nella sua parte conclusiva, incentrata sul Post-war Work, fosse invece il risultato di un continuo processo di ricerca ed evoluzione, radicato in una tradizione progettuale germogliata tra le due guerre. Centrali sono quindi le sezioni dedicate alla produzione architettonica interbellica, denominate rispettivamente The Early Work, Architecture and the State, e The Italian Contributions. Qui la mostra traccia un percorso di crescita e sperimentazione nato con le esperienze del Razionalismo comasco, quali le architetture di Terragni, Lingeri, e Cattaneo, facendosi pioniera di un interesse statunitense nei confronti di una stagione e tematiche forse ancora delicate, non ancora incluse nei curricula delle facoltà di architettura americane. La fortuna e l’evoluzione dei “contributi italiani” al movimento moderno, identificati con le realizzazioni della Olivetti, le strutture progettate da Pier Luigi Nervi, e con le diverse espressioni dell’arte espositiva – dalle installazioni museali agli interni dei negozi -, sono visibili anche agli occhi del pubblico americano, che proprio in quegli anni partecipa all’impresa commerciale internazionale della Olivetti, alla febbre per il Made in Italy, e al successo oltreoceano di Nervi. La sezione dedicata alla sua produzione architettonica verrà rielaborata dalla Huxtable, prima per un articolo apparso su Progressive Architecture, dove il suo lavoro viene affiancato a quello di Oscar Niemeyer, e poi per una monografia del 1960 a lui dedicata, contribuendo alla legittimazione della sua figura professionale come progettista autonomo, e non come semplice consulente. Un paio di articoli dedicati alla mostra nel suo insieme appaiono anche su riviste quali Interiors e Art Digest, con cui la Huxtable collabora in quegli anni, mentre le sue diverse aperture attraverso l'America vengono riportate soprattutto dai quotidiani, dove viene spesso sottolineata la sua provenienza newyorkese e il carattere "itinerante" della sua ideazione.
La mostra The Modern Movement in Italy: Architecture and Design può essere quindi interpretata come uno dei luoghi del dialogo e d’incontro tra attori e prospettive molto diverse tra loro: non solo strumento di mediazione tra contesti culturali distanti, o rappresentazione puntuale dell'architettura italiana all’interno di un immaginario collettivo più vasto, ma anche cartina tornasole dove è possibile leggere il risultato di una convergenza di programmi di scambio culturale, biografie impegnate, interessi di diversa natura, retoriche ordinarie e originali.

 

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