Futurismo

1909-1944

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Nella sua ricezione nel contesto americano, il Futurismo si trova al centro una vicenda complessa, in cui il Museum of Modern Art di New York e il suo primo direttore, Alfred H. Barr (1902-81), hanno avuto un ruolo centrale. Negli anni in cui il movimento ha prodotto e promosso le sue opere più significative (tra 1910s e 1930s), queste non hanno suscitato particolare interesse nel mondo statunitense, sia nella comunità articolata attorno al mondo dell’arte – considerando, ad esempio, che nessuna è stata inclusa nell’Armory Show del 1913 (ad eccezione di un’opera dell’artista italo-americano Joseph Stella, considerato il primo “futurista americano”), o esposta nella galleria 291, uno dei più importanti e influenti strumenti di disseminazione della ricerca artistica d’avanguardia, gestita dal fotografo e mercante Alfred Stieglitz – sia nella stampa popolare – che ne ha spesso offerto letture poco lusinghiere, per esempio in occasione della prima esposizione dedicata al lavoro di Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Giacomo Balla e Gino Severini, avvenuta nel 1915 all’interno della San Francisco Panama-Pacific International Exposition, e giudicata “scandalosa”. Le ragioni di questo scenario possono essere cercate in una visione del contributo italiano ancora fortemente radicata nella dimensione dell’arte antica e rinascimentale, ma anche in una mancata sincronia tra le visioni fantascientifiche dei Futuristi e una realtà come quella americana, in cui la velocità, la meccanizzazione, l’elettricità e i grattacieli avevano all’epoca già iniziato ad assumere una forma tangibile e non potevano farsi manifestazione della carica dirompente che in Italia aveva accompagnato la proposta originale.  

I toni di questa ricezione hanno subito un profondo mutamento dopo la Seconda Guerra Mondiale, in conseguenza di alcune azioni promosse da Barr – a partire dalla pubblicazione di alcuni testi celebrativi (come il saggio sul “Primo Futurismo” nel catalogo della mostra promossa dal MoMA sull’arte italiana del XX secolo, attraverso cui il movimento è stato ufficialmente riconosciuto nel novero del Modernismo) e all’acquisizione di diverse opere di Balla, Boccioni, Carrà e Severini, incluse nella collezione ed esposte nelle gallerie del museo. La definitiva attestazione di un generale apprezzamento per questo fenomeno, presentato come “one of Italy’s most significant contributions to modern art”, è la mostra Futurism, la prima retrospettiva dedicata al movimento in USA, organizzata dal MoMA nel 1961 (30 Maggio - 5 Settembre), in occasione del cinquantesimo anniversario dalla sua fondazione. Questi eventi hanno portato alla rivalutazione dell’esperienza del Futurismo nel contesto americano (come si evince dal cambiamento dei toni degli articoli pubblicati sulla stampa, sia di settore sia popolare), promuovendone la conoscenza e la disseminazione, anche a livello internazionale. La “costruzione” di un nuovo sguardo su questo movimento ha avuto esito, per esempio, nella evidente influenza delle visioni futuriste sulle successive generazioni di artisti e creativi americani (che hanno trovato manifestazione nella pittura, nella scrittura e nel cinema), ma anche nel fatto che, complice l'ideologico discredito della critica italiana, alcune delle più importati opere di Boccioni, Carrà, Balla e Severini sono ancora oggi conservate nelle case e soprattutto nei musei statunitensi 

Un percorso più rapido, nella divulgazione e integrazione di questa proposta italiana nel contesto americano, può essere associato allo specifico ambito architettonico, in cui le linee programmatiche avanzate da Antonio Sant’Elia nel Manifesto dell’Architettura Futurista (1914) e nei progetti per la Città Nuova (1912-14) sono state recepite in modo diretto da diversi professionisti statunitensi, che le hanno palesemente rielaborate nello sviluppo della ricerca postmoderna, in quelle neo-futurista e high-tech, delle mega-strutture, degli edifici meccanizzati e interconnessi, ecc. 

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Fortunato Depero

Sources

Bedarida, Raffaele. “Operation Renaissance: Italian Art at MoMA, 1940–1949.” Oxford Art Journal 35, 2 (June 2012): 147–169. 

Sartoris, Alberto. Sant'Elia e l'architettura futurista (influenze e sviluppi). Tivoli: Istituto Grafico Tiberino, 1943.  

Taylor, Joshua. Futurism. Catalogue of the exhibition. New York: The Museum of Modern Art, 1961. https://www.moma.org/documents/moma_catalogue_2821_300062224.pdf?_ga=2.196665516.1849022319.1664016119-108716547.1663922026 

Whyte, Iain Boyd. “Futurist Architecture.” In International Futurism in Arts and Literature, edited by Günter Berghaus, 353–372. New York: de Gruyter, 2000. 

Author Elena Montanari