Postwar Italian Cinema

Film season

1946-1972

Italy

scenario
category
media
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cinema

Sophia Loren

actress

Federico Fellini

director

Sorelle Fontana

Fashion Designer

Italian Film Export

Distributor

Negli studi di cinema, il cinema italiano del dopoguerra è generalmente compreso fra il 1946 e il 1972, con la sua epoca d'oro nel decennio 1958-1968, quando l'industria nazionale passa da 141 a 246 produzioni filmiche all'anno. Il periodo comprende i due principali filoni dell'export cinematografico italiano del dopoguerra, il neorealismo di Rossellini, De Sica e Visconti degli anni Cinquanta e il cinema d'autore (o art film) di Fellini, Antonioni, Pasolini e Wertmuller degli anni Sessanta. Ma all'interno di questo periodo si possono annoverare anche altri generi e autori che hanno reso celebre il cinema italiano nell'America del dopoguerra: la commedia all'italiana di Germi, Risi, Monicelli a cavallo fra gli anni Cinquanta e Sessanta; e lo spaghetti western di Leone e Corbucci e le forme del così detto cinema "vernacolare" di autori meno celebrati dall'Academy come Bava, Fulci e Margheriti fra gli anni Sessanta e Settanta.

Il cinema italiano del dopoguerra è rappresentativo della modernizzazione di usi, costumi e poetiche dell'Italia post-fascista che - proprio attraverso il cinema - verrà raccontata e recepita negli Stati Uniti attraverso particolari temi ed estetiche. Il connubio fra paesaggio architettonico e spazio sentimentale, la forma aperta del racconto, l'artigianale eccellenza delle forme di produzione, la convivenza fra arcaicità e modernità, popolarismo e glamour, nonché la proposizione di modelli innovativi di divismo transnazionale, sono le caratteristiche principali sviluppate dal cinema italiano che lo hanno reso un vero e proprio mediatore culturale nell'America del dopoguerra.

Grandi e piccole case di produzione italiane e americane hanno unito le forze nelle diverse fasi di produzione dei film cofinanziando, opzionando o acquistando film italiani. Dino De Laurentiis con Paramount e Columbia Pictures, Galatea e 20th Century Fox, Titanus con Metro Goldwyn-Mayer e United Artists, Lux e Titanus con Embassy Pictures. Le personalità imprenditoriali di Carlo Ponti, Dino De Laurentiis, Renato Gualino, Goffredo Lombardo, Giuseppe Amato e Alfredo Bini sono Ulteriori "ambasciatori/trici" del cinema italiano del dopoguerra sono le figure divistiche di Loren, Lollobrigida, Martinelli, Cardinale, Mastroianni e Brazzi, insieme a maestranze, designer e autori come Flaiano, Amidei, Gherardi, Rota, e studi di moda come Ferragamo e Fontana. Dopo i virtuosismi tecnici introdotti dal kolossal italiano Cabiria (Pastrone, 1914), il lavoro concertato di queste figure riafferma negli States l'idea che l'Italia sia alle prese con un nuovo rinascimento artistico e sociale in grado di produrre innovazione e modelli d'eccellenza per i tempi a venire.      

Nel 1951 grazie a un accordo fra ANICA e l'American Motion Picture Export Association, l'esportazione dei film italiani in America viene sensibilmente incrementata (saranno circa 220 nel quinquennio 1951-55). A questo accordo si aggiunge il lavoro di alcune case americane specializzate nella distribuzione di film europei (come la Mayer-Burstyn che distribuirà Roma Città Aperta di Rossellini), ma anche di agenzie come Astor (responsabile della distribuzione de La dolce vita di Fellini) che opera un'efficace strategia di pre-vendita delle pellicole italiane nelle sale ancor prima che i film vengano proiettato negli States. Come riporta Bondanella, a proposito dei film prodotti fra il 1945 e il 1953: "molti erano apprezzati più all'estero che a casa", mentre il minore ma significativo mercato dell'export italiano in America riesce a far breccia fra i critici, gli universitari e il pubblico cosmopolita grazie anche al lavoro dell'Italian Film Export (1951-57), società di doppiaggio e distribuzione dei film italiani in America fondata su iniziativa dell'imprenditore Renato Gualino.   

Fra il 1957 e il 1960 il quadro degli incassi italiani in America e dei film americani nel Bel Paese sembra invertirsi. Se nel ’57 Hollywood strappava il 58% dei biglietti mentre i film italiani coprivano solamente il 30% degli incassi, nel 1960 i film americani registrano un -10% mentre quelli italiani un +10%.

Il circuito dei cineclub assicura inoltre una diffusione capillare anche fra i piccoli centri e le comunità giovanili, grazie alla riproposizione in forma d'essai dei capolavori degli anni Cinquanta e Sessanta che sarà di ispirazione per i registi della New Hollywood ma anche di autori postclassici come Spike Lee e Quentin Tarantino.

Inoltre, grazie all’impiego diffuso e creativo del product placement cinematografico, prodotti e marchi del Made In Italy (abiti, bevande, veicoli, oggetti di design, ecc.)questi film operano dei “transiti emozionali”, innescando ancora oggi nel pubblico americano dei veri e propri "viaggi interiori" ogniqualvolta questi stessi scenari e prodotti vengono evocati in altri contesti mediali (riviste, pubblicità, show televisivi, romanzi, film d'animazione, spettacoli dal vivo, ecc.). Non a caso brand internazionali come Campari e Martini, organizzano ancora oggi le loro campagne pubblicitarie attorno all'immaginario felliniano della dolce vita, mentre con l'avvento dell'home video, i così detti registi della "dolce morte" (Bava, Fulci, Argento, Margheriti) vengono riscoperti e ridistribuiti nel mercato giovanile americano.         

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Producer

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Sources

Bondanella, Peter, Italian Cinema: from Neoralism to Present, Terza Edizione, Continuum, New York, 2008.

Robert, Hawkins, "Italy's Galloping Cinema", «Variety», 26 April, 1961, p. 62. 

Anon. “Film Grosses in Italy.” Variety (26 Aprile 1961): 61.

Forgacs, David, Italian Culture in the Industrial Era 1880-1980 (Manchester: Manchester University Press, 1990)

Dalle Vacche, Angela, The Body in the Mirror: Shapes of History in Italian Cinema (Princeton: Princeton University Press, 1991)

Monticelli, Simona, ‘Italian Post-War Cinema and Neo-Realism’, in J. Hill and P. Gibson (eds), World Cinema: Critical Approaches (Oxford: Oxford University Press, 2000), pp. 71-76.

 

Author Giuseppe Gatti